Gabriele Tergit, Gli Effinger
Claudio Magris, La malinconia di Berlino, Corriere della sera, 11.4.2022
«Sembrerebbe difficile trovare qualcosa di creativo e di nuovo in un romanzo storico. Ma ci sono delle sorprese – ad esempio un romanzo di grande successo e di indubbio fascino come Gli Effinger. Una saga berlinese di Gabriele Tergit, pubblicato per la prima volta in Germania nel 1951 e ora uscito in italiano nell’eccellente versione di Isabella Amico di Meane e Marina Pugliano. Un romanzo di autentica e mai esibita originalità […] Gabriele Tergit […] racconta con una grazia e una naturalezza che sfidano ogni ridicola pretesa di emulazione e riescono a far toccare con mano, a far sentire la realtà e la vita dei tedeschi in quegli anni. In questo fluviale racconto – il cui protagonista è Berlino più che la Germania – ci sono soprattutto la leggerezza e la malinconia piuttosto che la grandezza imperiale della capitale».
Rosanna Amaka, Le nostre parole nel tempo
Barbara Pellegrini, Recensione di Le nostre parole nel tempo di Rosanna Amaka, www.leggereacolori.it, aprile 2021
Decisioni apparentemente insignificanti che stravolgono il loro mondo, rimescolando le carte nella partita della vita. Progetti svaniti, deviazioni di percorso inattese, viaggi di disperazione e speranza, aspettando che arrivi, finalmente, quella mano fortunata che li rimetta in gioco. È questo che accumuna i due protagonisti di Le nostre parole nel tempo: Michael e Ngozi, tanto lontani quanto vicini. Lui a Brixton, Inghilterra, lei in Nigeria: un “ragazzo-ormai-quasi-uomo” e una “ragazza-ormai-quasi-donna”, costretti entrambi a crescere prima del tempo e alla costante ricerca di risposte alle tante domande che affollano la loro mente. Artisti del compromesso con la sopravvivenza come unico obiettivo, i loro mondi sono tutt’altro che inconciliabili. Perseguitati da un senso di inadeguatezza onnipresente, cercano di trovare la loro strada in un mondo meschino, spietato, inospitale. Nuotano in un torrente che scorre da sempre in un’unica direzione, e sembra quasi impossibile invertire la rotta. Ma, proprio come coloro che li hanno preceduti, non si danno per vinti e si battono con tutte le proprie forze. Comincia così, in punta di piedi, la loro vera vita, la storia che desiderano scrivere, l’impronta che vogliono lasciare.
Con la sua magnifica scrittura figurativa, Rosanna Amaka riesce a dipingere immagini e situazioni con una chiarezza e una precisione uniche, conferendo loro un potere evocativo e una fisicità cartacea rari. Speranza, sconfitta, riscatto, rivincita, libertà: è su questa altalena che oscillano le pagine del capolavoro di Amaka, che mi ha conquistata per la sua ricchezza emotiva e psicologica. I suoi personaggi sono la quintessenza del coraggio e dell’audacia: riescono a vincere la paura del fallimento e a spiccare il volo, finalmente liberi, verso il sogno del successo. Ma l’autrice riesce a fare molto di più: dà voce a chi non l’ha mai avuta e restituisce dignità agli attori di una pagina di storia spesso dimenticata: il suo è un inno al testimone della resilienza, che si tramanda di generazione in generazione, immutabile, eterno.
Le nostre parole nel tempo racconta storie di speranze disattese, di assenze pesanti e di mancanze presenti. Lo sfondo caleidoscopico e l’arcobaleno di personaggi danno vita a un intreccio dal tono colorato, in cui ritroviamo tutte le sfumature dell’animo umano. La narratrice onnisciente ha uno sguardo radiografico, che arriva dritto all’anima dei personaggi e li aiuta a risalire alla radice, alla fonte, perché solo guardandosi dentro riusciranno a filare quel loro gomitolo scarmigliato interiore. E a farne la loro bussola nel mare della vita.
Le parole del titolo sono soffiate, sussurrate nel tempo, come un eco portato da un refolo di vento. Sono talvolta parole messaggere di una realtà lontana, incomprensibile. Ma i personaggi si scontrano spesso con un’afasia che riflette l’incomunicabilità e l’incapacità di dare voce ai propri pensieri, ai propri tormenti. Sono tanti, infatti, i momenti in cui Michael, Ngozi e tutti gli altri non riescono a esprimere a parole il loro groviglio interiore. Farsi sentire, urlare, fare a pugni e poi pace con il passato è però l’unico modo di iniziare a vivere. Per davvero.
Quello che ho amato di Le nostre parole nel tempo è stata la capacità dell’autrice di raccontare la diaspora africana in modo inedito e inaudito, attraverso gli occhi e le orecchie della narratrice onnisciente, che fluttua nel tempo e nello spazio. Questa sua atemporalità e adimensionalità si riflettono nella scrittura: è tutto insieme, lì, ora qui, senza divisioni o interruzioni nette, mentre i confini di ieri, oggi e domani sfumano e si confondono. Rosanna Amaka ci invita anche a porci una semplice domanda: cosa sarebbe successo se…? La risposta forse non ci piace molto, perché il mondo sarebbe l’opposto di quello che conosciamo oggi. O forse no?
Peter Kien, L’imperatore di Atlantide
Andrea Cabassi, Solo sopito è il fuoco, non estinto! Recensione al libro di Victor Ullmann e Petr Kien, www.giudittalegge.it, agosto 2019
“[…] Si tratta di un documento di grande importanza e di un libro straordinario: “L’imperatore di Atlantide” edito da Miraggi (Miraggi 2019) che ha già pubblicato autori in lingua ceca e significativi narratori italiani. Nel libro possiamo trovare il libretto dell’opera “L’imperatore di Atlantide” composto a Terezin da un musicista e un poeta di origini ebraiche: Victor Ullmann e Petr Kien. Con testo a fronte e ottimamente tradotto da Isabella Amico di Meane. […]”
H. M. Enzensberger, Parli sempre di soldi! Breve romanzo economico
Paola Quadrelli, L’Indice dei Libri del Mese, dicembre 2017
“Scrittore versatile e sorprendente, Hans Magnus Enzensberger ha pubblicato negli ultimi anni diversi romanzi brevi, dalla tonalità lieve e garbata, in cui ha esposto le proprie opinioni e riflessioni sulla nostra intricata contemporaneità nascondendosi, non senza civetteria, dietro la maschera di vecchi saggi e stravaganti: una cantante lirica anticonformista e politicamente scorretta (Josefine e io, Einaudi, 2010), un bizzarro signore dall’abbigliamento antiquato che trascorre le proprie giornate seduto su una panchina in un parco, dispensando ai passanti verità filosofiche (Considerazioni del signor Zeta, Einaudi, 2015) o un’eccentrica miliardaria che, come accade nel presente romanzo, conversa con i tre nipoti adolescenti, fornendo loro informazioni e delucidazioni in materia economica. Intellettuale onnivoro e dalla vasta erudizione, formatosi sulla teoria critica di Benjamin e Adorno, nonché ammiratore del marxismo come formidabile strumento di analisi della società, Enzensberger ha sempre riservato grande interesse per la storia della civiltà materiale e del progresso tecnico (si pensi alle ballate di Mausoleum del 1975, ripubblicate nel 2017 da Einaudi) ribadendo, marxianamente, il primato della struttura economica rispetto a ogni sovrastruttura morale o culturale. Tramite le parole di zia Fé, che riceve i nipoti in una stanza d’albergo del lussuoso Vier Jahreszeiten di Monaco, Enzensberger ci illustra ora alcuni principi che presiedono il nostro sistema economico, connotato da crisi cicliche e da fasi di inflazione e deflazione e il cui funzionamento è inesorabilmente connesso alla continua circolazione del denaro e dunque a uno stile di vita disperatamente consumistico. Simile al vecchio guerriero cubano di una sua bellissima lirica (Vecchia rivoluzione) che scruta nostalgico l’orizzonte alla ricerca di un nemico ormai svanito, Enzensberger ha dismesso da tempo gli empiti rivoluzionari che ne animavano la lirica e la riflessione politica negli anni settanta e rivela qui un atteggiamento disincantato e rassegnato nei confronti dei diabolici meccanismi che regolano il nostro tardo-capitalismo. L’origine della carta moneta, i fallimenti, il mercato clandestino, il lavoro nero e alcuni misteriosi termini della finanza (derivati, hedge fund, private equity, ecc.) costituiscono alcuni dei temi che zia Fé illustra ai nipoti con verve e semplicità, mentre nel finale del libro, quando la nipote maggiore, Felicitas, si ritrova erede dell’immenso patrimonio della zia, vengono illustrate le procedure che regolano la successione. La linearità dei dialoghi e la caratterizzazione dei giovani protagonisti – ritratti come tipici adolescenti dei giorni nostri alle prese con esami scolastici e scaramucce con i fratelli – rendono il libro godibile innanzitutto da un pubblico di ragazzi; le belle illustrazioni di Riccardo Guasco, che richiamano le avanguardie di inizio secolo, dal futurismo all’espressionismo, impreziosiscono con fantasia e ironia il libro, graficamente assai raffinato e di agevole lettura grazie a una traduzione precisa e briosa. Chiudono il volume un Glossario dei termini economici, redatto da Enrico Ganni, e il Vademecum di zia Fé, una gustosa raccolta di detti popolari, sentenze e aforismi riguardanti la ricchezza, la povertà e il rapporto con il denaro, che integra e correda le riflessioni esposte nel romanzo. Sembra uscito dalla penna di Oscar Wilde l’irresistibile bon mot (anonimo), “Il denaro da solo non fa l’infelicità”, in cui Enzensberger, sornione, distilla la sua incontrovertibile saggezza di scrittore di successo.”